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“Precario”, è il mondo che ci impongono

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Intervista con Lello Analfino dei Tinturia, per l’uscita del loro nuovo album. Precario

di Ettore Zanca

precario-2Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Lello Analfino, il leader dei tinturia, sull’album “Precario”, recentemente uscito. Un insieme di canzoni che descrivono proprio la totale assenza di sicurezze di vita e sentimentali e della natura. Nulla è più certo e qualcosa bisogna capire. La discussione ha toccato temi profondi che danno parecchio da pensare.

D: Partiamo dal tuo ultimo album insieme ai Tinturia, precario, già un titolo provocatorio e la descrizione di una vita alla ricerca della serenità lavorativa, che poi significa dignità di vita, il precariato è la filosofia di vita dell’uomo moderno

Viviamo un mondo che ci ha illuso di potere avere tutto, che possedere significa essere, in questo momento il capitalismo ci toglie come siamo dentro e ci riempie di cose, e ci sottrae quello che conta davvero. per questo siamo precari. Precario non è filosofia di vita, è quello che ci stiamo imponendo accettando regole che vengono dall’alto. Colpa nostra in parte. Abbiamo lasciato fare il gioco di lavorare di più dandoci sempre meno.

D: Nel video della canzone si vede un dolce omaggio a Nino Manfredi e a uno dei suoi film meno noti, girato da Nanni Loy

Il film “Cafè express” era il simbolo di una Italia che lottava contro le prime crisi occupazionali degli anni ‘80 nel sud, mentre il nord era in pieno boom, e simboleggia l’arte di arrangiarsi di un uomo che pur di sopravvivere vende caffè abusivamente su un treno. Peraltro nell’immagine collettiva credo che nulla sia più precario di un treno. Se ci si pensa da un lato abbiamo linee super veloci che ci portano ovunque, ma in ogni sud del mondo aboliscono le linee ferroviarie, come la freccia del Sud, dove nascevano amori e amicizia, o linee  minori e fanno essere sempre più scollegati. Il mezzo di comunicazione più precario che esista

D: L’altra canzone molto bella “madre natura” è di una attualità incredibile, descrive la furia degli elementi, le frane e quelle che chiamano esondazioni, l’intero album anche con la canzone “una vita normale” sembra giostrare con tutte le precarietà.

Una vita normale, è la canzone che simboleggia esattamente il desiderio che viene vedendo che tutti abbiamo più una vita virtuale che reale. Siamo sempre più una pagina da social e sempre meno persone. Cerchiamo di dimostrare qualcuno che non siamo, imbottendo le nostre parole di aforismi e citazioni, così da apparire intellettuali e filosofi, a me piacerebbe invece vedere la vita vera di un calzolaio o di un artigiano, mi piacerebbe nei social veder descritta la vita di un operaio e le sue emozioni, che varrebbero di più di ogni aforisma. Questo è un retaggio del Berlusconismo, che ha legittimato che apparire è molto più che essere e che la caciara vale molto più della competenza.

D: Il tuo modo di fare musica ha sempre avuto presa sul sociale, ti sei sempre occupato di temi delicati, come l’immigrazione, la disoccupazione, la vita difficile, ma mai perdendo la solarità e l’arte di prendere in giro, ma anche il non cedere e andarsene dalla propria terra (in “92100 ndr), la strada del cambiare le cose passa anche dal prendere per i fondelli chi ci governa e le loro incapacità e disonestà?

Inizio col dirti che una canzone come “92100”, che parla di non lasciare la propria terra adesso forse non la scriverei. Purtroppo ci stanno costringendo ad andarcene, a questo punto mi reno conto che forse solo andando fuori ci rendiamo conto davvero di cosa succede in Italia. Io la vedo come una metafora: L’italia è un immenso contenitore di merda, e solo dall’alto possiamo capire davvero la gravità. da dentro siamo assuefatti alla puzza, questa Italia non vuole coscienze e teste pensanti. Viviamo assuefatti ai centri commerciali, dove portiamo i bambini, giochiamo ai gratta e vinci cercando la felicità e rimpinguando solo il “banco” che è lo Stato. Forse davvero una piccola rivoluzione si può fare cominciando ad astenersi da queste abitudini, forse solo così potremmo ricominciare a sentire la puzza e ribellarci. Se alla Apple risultasse che ad Agrigento non comprasse nessuno l’Iphone, vedresti che si preoccuperebbero.

D: Senti Lello, l’ironia dei tuoi testi ha molta più presa di discorsi seri, se ti ricordi, De Filippo nell’oro di napoli, faceva prendere a pernacchie un nobile borioso, da tutti gli abitanti del quartiere, possiamo dire  che le tue canzoni sono come quel pernacchio, prendono in giro ma possono fare rivoluzioni?

Abbiamo sempre cercato di descrivere le tragedie non piangendoci addosso e rappresentando una Sicilia con la testa alta. L’idea di libertà e di coscienza. Utilizziamo le parole della gente, parlando ridendone, percepisci cose che per rabbia non hai nemmeno afferrato. il mio stile è simile a quello di ficarra e Picone, che cercano di far riflettere ridendo e non con comicità vuota. 


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